L’importanza di chiamarsi Galileo

La notorietà di Galileo Galilei è percepita a diversi livelli. Il primo per aver verificato sperimentalmente e poi divulgato la teoria copernicana eliocentrica in luogo di quella geocentrica “attraverso prolungate osservazioni e dimostrazioni necessarie”. Il secondo per il contributo al cambiamento culturale, nella spiegazione dei fatti di natura, attraverso l’uso esclusivo dell’indagine scientifica ed il rifiuto dell’esegesi teologica delle Sacre scritture, che gli è valsa la condanna del Santo Uffizio.
Sia il primo che il secondo livello interpretativo postulano, ma non lo evidenziano, il vero motivo per cui Galileo deve essere ricordato: Galileo fu il primo a comprendere il linguaggio della scienza, a comprenderne la struttura, a costruirne il metodo di ricerca che sopravvive ai giorni nostri.

Il linguaggio della scienza postula che il processo esplicativo avvenga attraverso l’uso di concetti che si stacchino dal mondo concreto attraverso l’enucleazione di proprietà e relazioni astratte, o detto meglio attraverso l’uso di predicati astratti entro modelli privi di interferenze, o modelli ideali.
Per poter unificare spiegazioni altrimenti inconciliabili Galileo rifugge dalle spiegazioni provenienti dell’esperienza del concreto, ove si palesano infinite e non dominabili interferenze e, eliminandole, introduce ipotesi esplicative realizzando un modello ideale.
La consapevolezza della necessità di passare da ipotesi esplicative provenienti dall’esperienza primitiva del mondo concreto ad ipotesi esplicative realizzabili entro un modello ideale costituisce la vera rivoluzione di Galileo.
Dare una spiegazione ad ogni fatto concreto significa spiegare il fatto nella sua unicità ed irripetibilità, il che implica l’impossibilità di unificare fatti che nella loro concretezza possono apparire diversi ma che possono presentare proprietà e relazioni comuni intercettabili solo con il processo di astrazione.
Il processo di astrazione avviene concettualizzando proprietà e relazioni caratterizzate da un sistema linguistico di grado superiore che, distaccandosi dal concreto, consentono l’unificazione di differenti ipotesi entro un unico insieme esplicativo più ampio e significativo.

Galileo fu il primo ad ipotizzare una unica legge del moto dei corpi realizzando un esperimento su un piano perfettamente levigato, quindi eliminando al limite le interferenze. Constatò che un corpo, in assenza di una forza che agisca su esso, rimane fermo o si muove costantemente.
Postulare il predicato “moto in assenza di interferenze” ha consentito a Galileo di realizzare un processo di astrazione e unificazione di ipotesi prima inconciliabili.
Naturalmente l’ipotesi esplicativa è stata sviluppata da Newton introducendo il predicato più astratto di “gravità”, ma rimane valido il metodo di ricerca galileiano.

Prima della spiegazione unificatrice di Galileo le ipotesi basate sulla esperienza dei sensi, sulla intuizione, sulla metafisica e poi sul rispetto delle Sacre scritture prevedevano tre tipi di moto:
• Il primo era il moto dei corpi sulla superficie terrestre secondo il quale il moto era causato dalla presenza di una forza che agiva sul corpo;
• Il secondo era il moto dei corpi che cadono sulla terra secondo il quale i corpi sono attratti dalla terra perché al centro dell’universo;
• Il terzo era il moto dei corpi celesti, di natura diversa dai corpi terrestri, che differiva in ragione della sfera in cui il corpo si muoveva sino alla sfera celeste del primo mobile, cioè quella delle stelle fisse, di natura teleologica e da cui tutto aveva inizio.

Sono responsabile delle asserzioni, degli errori e delle omissioni ma mi corre l’obbligo riferire della lettura di “Il problema del metodo nella sociologia” di Giulio Bolacchi, Studi di Economia, 1972.