Sul relativismo e sui metodi di ricerca

Questo intervento vuole essere un omaggio al Prof. Giulio Bolacchi, studioso dell’uomo e della società, delle organizzazioni, di metodologia della scienza. Ho avuto l’onore di ascoltare sue numerose lezioni nell’arco di 8 mesi dell’anno 1994. L’intervento riporta concetti trattati lungo il corso delle lezioni. Rimango il solo responsabile delle asserzioni, errori e/o omissioni rilevabili.

Per dirla tutta ho iniziato a scrivere quanto sotto anni fa, dopo aver letto il libro di Joseph Ratzinger e Marcello Pera “Senza radici” (Edizioni Mondadori) ed il libro di Giulio Giorello “Di nessuna chiesa” (Raffaello Cortina Editore) che a loro modo hanno approfondito il concetto di relativismo.

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Da alcuni anni la letteratura di “moda” dibatte polemicamente ponendo al centro dell’attenzione il dualismo tra il relativismo ed il suo complemento.

Se il concetto di relativismo è inteso come prospettiva comportamentale secondo la quale non esistono verità assolute, ma soltanto verità che differiscono tra loro a motivo dei paradigmi di riferimento utilizzati nell’esplicazione dei predicati teorici (postulati, regole di inferenza, conclusioni), allora non può esser data tanta confusione nel dibattito in corso.

E’ sufficiente infatti esplicitare il paradigma di riferimento utilizzato nelle esplicazioni teoriche e valutarne la coerenza all’interno del suo sistema per verificare la validità delle conclusioni; valide, repetita juvant, solamente all’interno di quel sistema.

Se il paradigma di riferimento è ideologico (o, il che è lo stesso, fideistico o metafisico), assumendo una coerenza tra postulati ed inferenze si giungerà a conclusioni valide. Ma la validità di queste conclusioni ha un valore intersoggettivo? Cioè le conclusioni possono essere accettate dall’intera comunità di interpreti in quanto in grado di esplicare fenomeni naturali o sociali?

La risposta è negativa in quanto questi sistemi, supposti validi sotto il profilo formale non possono essere sottoposti (per definizione) alla verifica sperimentale realizzata in condizioni di controllo. Quest’ultimo aspetto, cioè quello della mancata verifica sperimentale, è rilevante perché bisogna tener presente che è possibile costruire sistemi ideologici (o fideistici, o metafisici) validi prescindendo dall’esame di verificabilità dei postulati che stanno alla base del sistema.

Se il paradigma di riferimento è scientifico, [cioè utilizza il metodo di ricerca basato sulla verifica sperimentale – intesa in condizioni di controllo – la cui interpretazione semantica deve essere formalizzata nel linguaggio logico-matematico][1], allora possiamo asserire che le conclusioni sono intersoggettive, cioè sono in grado di esplicare fenomeni naturali o sociali e quindi possono essere accettate dall’intera comunità di interpreti.

Compito della scienza è l’individuazione di predicati aventi il maggior grado di astrazione semantica possibile con i quali esplicare fatti naturali e sociali che sarebbe impossibile esplicare con predicati aventi un minor grado di astrazione.

Infatti se si riduce l’ambito di significatività dei predicati, cioè si imposta la ricerca inserendo predicati con un livello di astrazione più ristretto, si raggiungono conclusioni valide ma esplicative solo all’interno di quel livello, cioè valide solo entro un sub-insieme ben delimitato.

Riducendo sempre di più il livello di astrazione dei predicati è possibile giungere a conclusioni scientificamente valide (ma aventi un ambito di significatività sempre più ristretto) sino alla esplicazione del fenomeno individualizzato (cioè valido solo per quel specifico fenomeno concreto, nella sua totalità), ma in questo caso sarà l’esplicazione di un fenomeno irripetibile e quindi storico.

E’ necessario inoltre sottolineare che la ricerca scientifica, non può più esser considerata tale se negli esperimenti sono inseriti (ad arte o inconsapevolmente) predicati “ideologici” attraverso i quali è possibile impostare la ricerca e raggiungere conclusioni sperimentalmente valide ma “strumentali”.

Ad esempio: costruisco un ambiente sperimentale nel quale è rinforzato positivamente il comportamento cooperativo e negativamente il comportamento egoistico ed allora, dopo un periodo di apprendimento i soggetti sperimentali si comporteranno in modo cooperativo.

Allo stesso modo posso costruire un ambiente sperimentale nel quale è rinforzato positivamente il comportamento egoistico e negativamente il comportamento cooperativo ed allora, dopo un periodo di apprendimento i soggetti sperimentali entreranno in conflitto tra loro.

I risultati finali (incrostati ideologicamente) sono in antitesi tra loro in quanto l’ambiente sperimentale all’interno del quale operano i soggetti è stato “alterato” dall’inserimento di predicati fondamentali che hanno determinato un “uso strumentale dell’analisi scientifica”. Se questo accade non è più possibile asserire l’utilizzo del paradigma scientifico ma ribadire che si sta utilizzando un paradigma ideologico.

Solo distaccandosi (da: abstràhere) dal contesto ideologico può comprendersi come le due conclusioni (apparentemente in antitesi tra loro) rispondono alla medesima legge, e cioè: B=f(±R)[2].

I paradigmi ideologici (ovvero fideistici o metafisici) e scientifici, se correttamente intesi, sono perciò tra loro inconciliabili e non comunicanti, quindi non comparabili in quanto per definizione il primo è carente della verifica sperimentale e/o inoltre strumentale alla diffusione nella società di quella specifica ideologia, fede o dirsivoglia.

Coloro che nelle loro analisi mischiano i due linguaggi producono solo frittate senza senso.

Detto quanto sopra, la critica al relativismo è, palesemente, inconsistente (priva di senso) e produce confusione e, talune volte, strumentalizzazioni.

La polemica e la confusione esistono solo perché il concetto di relativismo non viene definito da coloro che lo criticano, lasciando quindi ampio spazio al linguaggio degli abitanti del “mondo del pressappoco”. Questi interpreti lottano contro il concetto di relativismo perché assumono la prevalenza del loro paradigma ideologico (ovvero fideistico o metafisico) rispetto agli altri paradigmi siano essi ideologici, fideistici metafisici.

In questi casi però lottare contro il concetto di relativismo non ha alcun senso, avendo senso semmai lottare contro il paradigma ideologico, fideistico o metafisico che può essere orientato al perseguimento di talune finalità (al bene o alla giustizia o a qualsivoglia altra finalità) ovvero al perseguimento di talaltre finalità (al male o alla ingiustizia o a qualsivoglia altra finalità).

Ed a questo punto si pone la necessità di dare dei giudizi di valore al ventaglio dei paradigmi ideologici, fideistici o metafisici possibili che nulla hanno da spartire con il concetto di relativismo.

Ed i giudizi di valore hanno per definizione una validità soggettiva e non intersoggettiva.

Il fatto che le società siano organizzate sulla base di consensi fondati su giudizi di valore è una altra faccenda, importantissima, ma esula dal campo di questo intervento.



[1] Per la descrizione del linguaggio scientifico: “… the nature of scientific language. It is characterized by the syntax of matemathical functions and by the strict correspondence between these functions and controlled (laboratory) experiments, which gives them a specific semantic interpretation.” Estratto da “On Social Sciences and Science” di Giulio Bolacchi in Behavior and Philosophy p. 470, 2004.

[2] B=f(±R) significa che il comportamento (B) è guidato (funzione) dalle sue conseguenze (±R).

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